In memoria delle vittime della Schoah
Riflessioni sulla giornata della memoria…
Prof.ssa Miracapillo Maria
Per una umanità conviviale … In memoria delle vittime della Shoah
“Non è forse questo il tempo nel quale tutti devono collaborare alla costruzione di una nuova organizzazione dell’intera famiglia umana, per assicurare la pace e l’armonia tra i popoli ed insieme promuovere il loro sviluppo integrale?”
Sì, celebrare la Giornata Internazionale in memoria delle vittime della Shoah, istituita il 01 novembre del 2005, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è imparare a vivere da cittadini del mondo, rispettando le differenze, sviluppando l’atteggiamento di rispetto per l’altro inteso come mistero da scoprire e insieme come appello alla nostra responsabilità. “Il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere.” Così, ebbe a dire Papa Benedetto XVI, nel maggio del 2006, visitando il campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau. Ma quale valore assume nell’oggi e per le generazioni future questa giornata ? E quale domanda sottende? Innanzitutto, richiama l’unica e medesima dignità dell’altro: ”Io sono eccomi” dinnanzi al quale siamo chiamati a sviluppare l’atteggiamento dell’ “I Care”( mi interessa, mi sta a cuore), per dirlo con lo slogan di don Milani e la scuola di Barbiana. L’altro nella sua alterità, ci ricorda E. Levinas, filosofo ebreo, è un appello che impedisce di restare chiuso in me stesso, indifferente, né tantomeno essere solo conosciuto, posseduto o compatito; chiede, invece, secondo H. Jonas filosofo ebreo tedesco, una risposta di “giustizia”, un’assunzione di responsabilità complementare della libertà. Noi siamo dunque responsabili nei riguardi dell’umanità presente e futura. Il dolore umano, la repressione violenta vissuti ad Auschwitz, come pure nei gulag sovietici, nei confronti dei dissidenti dei regimi dittatoriali latino-americani scomparsi nel nulla, ci lasciano intuire il cinismo di quel potere che trattava o che tratta gli uomini come merce, non riconoscendoli come persone, nelle quali rifulge l’immagine di Dio. Una tale ferocia è l’espressione di una povertà generata dal non essere amati o dalla difficoltà di amare, o meglio dal rifiuto dell’amore di Dio, da un’originaria tragica chiusura in se stessi, che pensa di bastare al proprio io. Illuminante è uno stralcio delle lettere di Etty Hillesum, scritte in gran parte nel campo di smistamento di Westerbork, ultima fermata prima di Auschwitz, dove morì nel novembre del 1943 nel quale si afferma con grande forza il desiderio della vita, nonostante l’uomo sia ridotto ad una larva, annullato, deturpato, schiacciato come un verme. “La miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore si innalza sempre una voce – non ci posso fare niente, è così, è di una forza elementare – e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravviveremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita”.
Quante domande suscita Auschwitz, simbolo del male assoluto, luogo della disumanizzazione e tutte le altre forme di shoah che hanno fatto seguito, presenti, ancora oggi! Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto di fronte a questo trionfo del male? A questi e altri interrogativi dovremmo aggiungere: ”Dove era l’uomo o meglio, dov’è l’uomo”. Dio era ed è presente là dove l’umanità è straziata, calpestata offesa e tradita. Le immagini della negazione dell’umanità sono sotto gli occhi di tutti: migrazioni forzate persone che hanno difeso fino alla morte il loro credere e sperare, oppressione, miseria, sfruttamento, persecuzioni, pulizie etniche, malvagi di ogni tempo e di ogni parte della terra, e ciò è accaduto e accade decine, centinaia, migliaia, milioni di volte. Vale la pena ricordare quanto affermava Papa Benedetto XVI: “Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio -vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia “. Dobbiamo rimanere, invece, con l’umile ma insistente grido verso Dio: Svegliati! Non dimenticare l’uomo che Tu hai sognato, desiderato, amato! Questo grido verso Dio deve essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, vigilando che questa Sua presenza non sia offuscata dalla paura, dall’egoismo o, peggio ancora dall’indifferenza. Il Dio in cui crediamo è un Dio della ragione che è una cosa sola con l’amore, con il bene. E’ l’esperienza del Dio con noi, l’Emanuele che sposa il sogno di un vero cambiamento di vita e di relazioni, ma che i poteri di questo mondo lo condannano alla morte più ignominiosa e infame, dimostrare che non esistono “figli di Dio” … In realtà, la sua morte tragica riscattata dall’alba della risurrezione è il giudizio di Dio sui seminatori di morte, chiave di volta e di interpretazione di tutte le esperienze umane, annuncio di gioia e di futuro luminoso!
Coltivare la memoria è vivere da uomini in cammino, abbattendo ogni forma di pregiudizio con un’educazione orientata verso i valori universali, con una cultura della convivialità delle differenze. Quando gli uomini decidono di lavorare e stare insieme, ognuno di loro si costituisce come una vela al vento di una grande unica imbarcazione. E’ la grande scommessa sulle possibilità di cambiare la realtà nelle sue dimensioni locali e planetarie e costruire una società più giusta, un mondo più umano.
Prof.ssa Maria Miracapillo